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Pane precotto, no a vendita “self service”

Si segnala una recente sentenza del Consiglio di Stato riguardante un ricorso, già rigettato dal TAR della Puglia, proposto da parte di un’impresa di distribuzione alimentare contro un’azienda sanitaria locale che aveva disposto il sequestro di pane già precotto messo in vendita tramite degli espositori self-service al fine di ottenere un parere sulla legittimità o meno di questa modalità di vendita.

È sempre più ricorrente, soprattutto nei supermercati, l’utilizzo di contenitori in cui viene riposto il pane sfuso di solito proveniente da cottura di pane precotto a disposizione dei clienti che possono ritirarlo in autonomia inserendolo in appositi sacchetti.

La motivazione del sequestro in oggetto risiedeva nel fatto che un cliente, senza dotarsi di appositi guanti, aveva prelevato da un apposito erogatore a cassetto alcuni pezzi di pane precotto, toccandone diversi con le mani e ciò senza la presenza di un operatore che potesse controllare il rispetto delle modalità di prelievo ed acquisto da parte della clientela.

Il Consiglio di stato al proposito ha richiamato le norme che prevedono l’obbligo del preconfezionamento per il pane ottenuto per cottura del pane parzialmente cotto, surgelato o meno, sia l’art. 14 comma 4 delle Legge 580/67, che l’art. 1 del Regolamento sulla revisione della normativa in materia di lavorazione e commercio del pane, approvato con DPR 30 novembre 1998 n. 502. Entrambi i provvedimenti stabiliscono che, oltre che preconfezionato, il pane deve essere etichettato secondo le indicazioni previste dalla normativa vigente e posto in vendita in comparti separati da quelli in cui viene collocato il pane fresco informando il consumatore sulla natura del prodotto.

La Corte, oltre a reputare chiare le disposizioni sul preconfezionamento, sia quella primaria che quella regolamentare, ritiene che solo in via eccezionale le operazioni di preconfezionamento possano avvenire nella medesima area di vendita fatte salve le norme igienico-sanitarie. Comunque, nemmeno la deroga all’obbligo del preconfezionamento in un’area diversa da quella di vendita consente la vendita di pane non preconfezionato.

Nella fattispecie pertanto il Consiglio di Stato, rilevando che la modalità di vendita utilizzata dall’impresa ricorrente non dà garanzie sull’igiene e la sicurezza alimentare, finalità evidenziata dalla disposizione regolamentare, in quanto permette al consumatore, prima del confezionamento, di entrare in contatto con il pane e riporlo poi nell’erogatore, danneggiando altri futuri ed ignari clienti, dichiara non ammissibile il ricorso di primo grado, sancendo così, come illegittima la prassi, adottata soprattutto nella grande distribuzione (GDO) di consentire direttamente ai clienti il confezionamento del pane.

Si tratta di un’importante passo a favore dei numerosi panificatori che ogni giorno sfornano pane nel rispetto di un rigido sistema di controllo alimentare a garanzia di sicurezza e igiene del consumatore finale.

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