Con sentenza n. 2004 del 26 gennaio 2017, la Corte di Cassazione, ribadendo un principio già espresso nel 2011 con la sentenza n. 19912, ha affermato che quanto affermato dall’art. 54 del decreto legislativo n. 151/2001 postula che per il recesso non è sufficiente la giusta causa ma occorre un qualcosa di più rappresentato dalla “colpa grave”, non essendo sufficiente una giusta causa di licenziamento (assenze ingiustificate) prevista nel CCNL.
La Suprema Corte, rinviando ai giudici dell’appello con richiesta di “adeguato valore valutativo” ha affermato che “l’ambito di indagine rimesso al giudice di merito, al fine di stabilire la sussistenza della colpa grave costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro della lavoratrice madre, deve estendersi ad un’ampia ricostruzione fattuale del caso concreto e alla considerazione della vicenda espulsiva nella pluralità dei suoi comportamenti. Tale più esteso, articolato e completo ambito di indagine è conseguenza necessaria del carattere autonomo della fattispecie in esame e della sua peculiarità, in quanto la colpa grave, che giustifica la risoluzione del rapporto è quella della donna che si trova in una fase di oggettivo rilievo nella sua esistenza, con possibili ripercussioni su piani diversi ed eventualmente concorrenti (personale e psicologico, familiare, organizzativo)“.
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